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Ricalcolo degli aiuti de minimis per incapienza del massimale

Con la sentenza del 7 aprile, il Consiglio di Stato ha reso un'importante pronuncia circa una questione da sempre oggetto di interpretazioni contrastanti e cioè se l'ente concedente possa o meno ridefinire l'importo di un aiuto de minimis richiesto da un'impresa per non superare il massimale del beneficiario.
Il problema nasce dalle conseguenze dubbie del comma 7, art. 3 del regolamento UE 1407/2013 secondo il quale "Qualora la concessione di nuovi aiuti "de minimis" comporti il superamento dei massimali pertinenti di cui al paragrafo 2, nessuna delle nuove misure di aiuto può beneficiare del presente regolamento", disposizione che, in caso di sforamento del plafond, prevede la decadenza dell'intero aiuto concesso e non della sola eccedenza, ma non chiarisce se, per rispettare il massimale, sia possibile rideterminare l’aiuto richiesto al momento della domanda di agevolazione.
A prescindere dalla vicenda processuale avviata nel 2016 con il ricorso di un'impresa al TAR Veneto - di per sé interessante, ma un po' datata nei presupposti in quanto l'avvento del Registro Nazionale Aiuti (2017) ha profondamente modificato le modalità di controllo degli aiuti de minimis - l'aspetto più significativo è che il Consiglio di Stato, investito della questione in appello, ha coinvolto la Corte europea con un rinvio pregiudiziale giunto a termine nell'ottobre scorso (2020), le cui risultanze hanno permesso di chiudere il procedimento principale. Per altro, sia la Commissione che molte amministrazioni (non tutte) si erano già schierate a favore dell'interpretazione recentemente fornita dalla Corte, ma le pronunce della Corte europea e del Giudice amministrativo hanno fornito un contributo decisivo sul tema.
Accogliendo le conclusioni della Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato da un lato ha confermato ciò che ancora nel 2016 solo l'Inail pareva ignorare e cioè che ai fini della concessione degli aiuti de minimis, la verifica dei presupposti deve svolgersi prima di procedere alla concessione del contributo (né l'aiuto può considerarsi concesso al momento della sua erogazione). D'altro lato ha stabilito che "quando un'impresa faccia legittimamente domanda di un aiuto de minimis che, a causa dell'esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l'importo complessivo degli aiuti concessi a superare il massimale previsto, l’amministrazione concedente deve consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale".
Nell’affermare quanto sopra, il Consiglio di Stato va oltre rispetto alla pronuncia della Corte la quale, constatando che il regolamento n. 1407/2013 non contiene disposizioni in forza delle quali le imprese richiedenti potrebbero, se del caso, modificare la loro domanda di aiuto al fine di rispettare il massimale de minimis, aveva statuito che non vi è alcun obbligo in tal senso degli Stati membri. In altri termini, secondo la Corte, gli enti concedenti non sono tenuti a permettere alle imprese richiedenti di modificare la loro domanda di aiuto al fine di non superare il massimale de minimis, benché possano consentire che questo avvenga prima della concessione dell'aiuto, per non incorrere nel divieto di cui all'art. 3 comma 7 del regolamento 1407/13.
Rispetto alla pronuncia della Corte, il Consiglio di Stato aggiunge alcune considerazioni di un certo rilievo. Innanzitutto rammenta che l'attività amministrativa - nel caso di specie svolta dall'Inail, ma il principio affermato ha, per i suoi presupposti, valenza generale - deve conformarsi ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, implicanti la necessità "di perseguire nel modo più efficace e tempestivo possibile le specifiche finalità d'interesse pubblico affidate, mediante il completo utilizzo, secondo criteri di efficienza economica, delle risorse finanziarie disponibili". Ciò comporta che tra le diverse interpretazioni giuridiche del contesto normativo di riferimento in astratto possibili, l'ente sia tenuto a privilegiare quella maggiormente utile al perseguimento delle proprie finalità pubblicistiche e alla tutela dell'affidamento dell'impresa richiedente. Di qui l’affermazione dell’obbligo (non una semplice facoltà) per l’ente concedente di consentire all’impresa di ridurre il finanziamento richiesto o di optare per la rinuncia a precedenti aiuti già percepiti, al fine di rientrare nel plafond de minimis.
Sia la Corte che il Consiglio di Stato fanno riferimento all’ipotesi in cui l’istanza provenga dall’impresa interessata (ipotesi che del resto riflette il ricorso originario), ma è da considerare la possibilità che, nel rispetto degli stessi principi richiamati dal Consiglio, sia l’ente concedente, una volta verificata la parziale incapienza del massimale de minimis dell’impresa unica rispetto all’importo richiesto dalla singola impresa, a prendere l’iniziativa attivando la prassi amministrativa più consona alle caratteristiche del caso per evitare se possibile una decisione che, in assenza di un ricalcolo, non potrebbe che essere di rigetto della domanda.

3 maggio 2021




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