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Impresa attiva nel settore dei trasporti - Torniamo sull'interpretazione del concetto

Nel maggio 2012 dedicammo un approfondimento all’interpretazione del concetto di impresa di trasporto nel caso di soggetti per i quali il trasporto non costituisce l’attività esclusiva, questione rilevante ai fini dell’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Sul punto fu posto un quesito alla Commissione europea nel quale si evidenziava come le diverse amministrazioni interpretassero in maniera non uniforme il concetto, riferendosi chi all’attività prevalente, chi al fatto che il trasporto fosse una delle attività svolte.
La risposta della Commissione, che già riportammo un anno fa, fu la seguente:
Una misura di aiuto destinata a sostenere attività nel settore del trasporto stradale è soggetta alla soglia di “de minimis” di 100 000 euro. Nel caso un'impresa abbia ricevuto questo ammontare, può beneficiare di un ammontare addizionale per le sue altre attività ammesse dal Regolamento 1998/2006; tuttavia l'ammontare totale di “de minimis” che quest'impresa può ricevere non deve superare il limite di 200 000 euro, ovviamente sul periodo di tre anni.
Ove non fosse possibile stabilire una chiara separazione dei costi ammissibili, perché riferibili ad entrambe le attività, il calcolo dei costi ammissibili e dunque dell'ammontare massimo di “de minimis” dovrebbe essere fatto pro rata, secondo delle modalità appropriate”.
Non fummo convinti di tale interpretazione, per due ragioni:
a) perché essa ci sembrava in contrasto con il testo del Regolamento 1998/2006, il quale stabilisce che il plafond “de minimis” per un’impresa “attiva nel settore del trasporto su strada” (di merci o persone) è di 100.000 € e ciò “a prescindere dall’obiettivo perseguito” (non è quindi rilevante a cosa siano finalizzati gli aiuti concessi – l’obiettivo perseguito – ma unicamente il fatto che il beneficiario sia un’impresa attiva nel settore dei trasporti);
b) perché il Regolamento 800/2008 (35° considerando) definisce impresa di trasporto quella “la cui principale attività economica riguarda tali settori dei trasporti”. Si dovrebbero dunque applicare due criteri diversi a seconda che l’impresa sia candidata ad un aiuto in esenzione o in “de minimis”.
Consigliammo dunque quella che ci sembrava – e tuttora ci sembra – l’interpretazione corretta; consigliammo cioè di seguire il criterio, peraltro generalmente utilizzato dalla maggior parte delle amministrazioni, dell’attività prevalente.

Oggi è intervenuto un fatto nuovo che ci impone di tornare sull’argomento. La bozza del nuovo regolamento “de minimis” che sostituirà il Regolamento 1998/2006 a partire dal 2014, all’art. 3, par. 3 disciplina espressamente il caso di un’impresa di trasporto (settore al quale si applica il massimale di 100.000 €) che eserciti anche altra attività ammessa al massimale di 200.000 €. Orbene, la norma stabilisce che a tale impresa si potrà applicare il massimale più elevato, a condizione che sia assicurato che l’impresa stessa non riceva un vantaggio superiore a 100.000 € per l’attività di trasporto.
In sostanza, si dovrà fare riferimento alle spese per le quali l’aiuto viene concesso: se queste riguardano l’attività di trasporto, non si potrà – per tali spese – superare il tetto di 100.000 €, fermo restando che il massimale generale per quell’impresa – raggiungibile con aiuti per spese non riferite all’attività di trasporto – resta fissato a 200.000 €.
Questa nuova formulazione della norma, che non lascia spazio ad interpretazioni diverse, corrisponde ad un principio già affermato con il Regolamento 360/2012 (“de minimis” SIEG) e ripreso in un parere espresso dalla Commissione su nostra richiesta in relazione al cumulo tra aiuti “de minimis” ottenuti dallo stesso beneficiario a diverso titolo. Principio che dovrà applicarsi anche nel caso di un’impresa agricola che riceva aiuti ai sensi del Regolamento 1535/2007 (per l’attività primaria) e del Regolamento 1998/2006 (per attività di trasformazione o commercializzazione di prodotti agricoli). L’impresa sarà soggetta a due massimali, il più basso dei quali sarà inglobato in quello più elevato; gli aiuti concessi ai sensi dell’uno o dell’altro dovranno rispettare il tetto stabilito per ciascuno di essi.
La corrispondenza del testo normativo contenuto nella bozza di nuovo “de minimis” con l’interpretazione fornita parecchio tempo fa dalla Commissione – anche se, a nostro avviso, in contrasto con il testo normativo – autorizza fin d’ora a seguire quella interpretazione anche ai fini dell’applicazione del Regolamento 1998/2006.
Per quanto ci riguarda, continuiamo a ritenere corretta l’altra interpretazione e siamo certi che la Commissione non potrà mai contestare – in costanza delle norme esistenti – il principio dell’attività prevalente (che, fra l’altro, risulta più restrittivo in termini di entità degli aiuti). Resta esclusa ogni altra interpretazione.

24 maggio 2013

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