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Definizione di "Impresa attiva nel settore dei trasporti"

Nell’applicazione delle regole comunitarie in materia di aiuti di Stato può porsi il problema di distinguere un’impresa di trasporto su strada da imprese che svolgano altre attività. In particolare, il regolamento n. 1998/2006 stabilisce una soglia “de minimis” ridotta a 100.000 euro in tre esercizi finanziari (anziché i 200.000 degli altri settori) nel caso di imprese “attive nel settore dei trasporti su strada”; e ciò “a prescindere dall’obiettivo perseguito”.
Ai sensi di questa disposizione non è dunque rilevante a cosa siano finalizzati gli aiuti concessi (l’obiettivo perseguito), ma unicamente il fatto che il beneficiario sia un’impresa attiva nel settore dei trasporti. Diventa quindi necessario stabilire in base a quali criteri un'impresa operante nel settore dei trasporti debba essere considerata, appunto, "di trasporto".
Un’interpretazione possibile, assolutamente restrittiva, ma letterale, della locuzione “attiva nel settore dei trasporti” porterebbe a concludere che il solo fatto di operare nel settore, non importa in quale misura, qualifichi l’impresa come "di trasporto". Ciò porterebbe a concludere – come caso limite – che il solo fatto di avere nell’oggetto sociale, o come iscrizione alla Camera di Commercio, la possibilità di esercitare (anche come attività secondaria) attività di trasporto, o di averla esercitata anche una sola volta, qualificherebbe un’impresa come “impresa attiva nel settore dei trasporti”.
Una seconda interpretazione – utilizzata da diverse amministrazioni – sposa il criterio dell’attività "prevalente", ricorrendo ad esempio ai tre criteri seguenti (essendo sufficiente ne sia soddisfatto uno): l’iscrizione alla Camera di Commercio come attività prevalente; l’attività che risulta prevalente nell’oggetto sociale; l’attività prevalente in termini di fatturato.
Un terzo criterio può essere quello di attività "rilevante", stabilendo una percentuale di attività (necessariamente di fatturato) al di sopra della quale l’impresa venga qualificata di trasporto.
A nostro avviso, nonostante l’interpretazione letterale del disposto normativo faccia propendere per la prima ipotesi, si deve optare per la seconda. La prima, infatti, farebbe ricomprendere tra le imprese di trasporto quelle che, pur esercitando altra attività (ad esempio di costruzioni), possiedono automezzi atti al trasporto di merci per conto terzi (devono essere registrati in questo modo) ed effettuano saltuariamente trasporti per propri clienti, al di fuori dell’attività di costruzione.
Il terzo criterio lascerebbe alla totale discrezione di ogni amministrazione la determinazione della percentuale di fatturato minima, con il risultato che un’amministrazione potrebbe considerare impresa di trasporto quella che un’altra non considera tale, con conseguenti problemi, tra l’altro, relativamente al computo degli aiuti “de minimis”: in un caso si considererebbe il tetto di 100.000 €, nell’altro di 200.000. Si tratta di un criterio utilizzabile solo se fosse la Commissione a determinare univocamente la percentuale massima.
Il criterio della prevalenza sembra, in definitiva, l’unico equilibrato, in linea con le finalità della limitazione prevista dalla norma, volta a tener conto della possibile distorsione degli scambi provocata da aiuti al di sopra dei 100.000 € a favore di imprese appartenenti ad un settore particolarmente delicato: ad imprese la cui attività sia svolta essenzialmente in quel settore (il capomastro che a tempo perso trasporta per conto di un cliente materiali destinati allo smaltimento, ancorché in quella circostanza svolga un’attività di trasporto, essendo abilitato a farlo, non turba la concorrenza nel settore).

Al fine e nella speranza di dirimere ogni dubbio, abbiamo interpellato direttamente la Commissione europea, sottoponendole il quesito con le ipotesi di soluzione appena prospettate. Parallelamente, un quesito analogo è stato inviato dal Dipartimento Politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La Commissione – ad opera di un funzionario dell’Unità “politica” della DG Concorrenza – ha risposto in questi termini:
“… Una misura di aiuto destinata a sostenere attività nel settore del trasporto stradale è soggetta alla soglia de minimis di 100.000 euro. Nel caso un’impresa abbia ricevuto questo ammontare, può beneficiare di un ammontare addizionale per le sue altre attività ammesse dal Regolamento 1998/2006; tuttavia l’ammontare totale di de minimis che quest’impresa può ricevere non deve superare il limite di 200.000 euro, ovviamente sul periodo di tre anni.
Ove non fosse possibile stabilire una chiara separazione dei costi ammissibili, perché riferibili ad entrambe le attività, il calcolo dei costi ammissibili e dunque dell’ammontare massimo di de minimis dovrebbe essere fatto pro rata, secondo delle modalità appropriate.”

Non concordiamo con questa interpretazione, che ci sembra in contrasto con il Regolamento stesso, laddove precisa – come abbiamo ricordato sopra – che per un’impresa attiva nel settore del trasporto merci su strada il tetto è di 100.000 €, “a prescindere dall’obiettivo perseguito”: cioè a prescindere dal fatto che l’aiuto si riferisca a spese imputabili all’attività di trasporto o ad altra attività.
Un’ipotesi di soluzione vicina – ancorché diversa – a quella della Commissione era stata prospettata dal Dipartimento Politiche Comunitarie nel suo quesito, laddove suggeriva, tra le varie possibilità, quella di fare riferimento alla gestione contabile societaria, per consentire l’utilizzazione del “de minimis” più elevato solo nelle ipotesi in cui le due attività – principale e secondaria – siano operate dalla stessa impresa in un regime di contabilità separata, che consenta di imputare il beneficio “de minimis” solo ed esclusivamente all’attività non soggetta ad alcuna limitazione.
Tale soluzione ci sembra non incontrare l’ostacolo del dettato normativo (come invece accade, a nostro avviso, per l’interpretazione della Commissione); tuttavia è certamente di difficile e comunque non frequente applicabilità e quindi non sembra possa risolvere il problema.
La soluzione più corretta resta dunque quella dell’attività prevalente (o principale), anche in considerazione del fatto che il Regolamento n. 800/2008, per identificare le imprese operanti nel settore del trasporto di merci su strada (per escludere dai costi ammissibili i mezzi e le attrezzature di trasporto), fa riferimento alle “imprese la cui principale attività economica riguarda tali settori” . Non si vede perché si dovrebbe adottare un criterio diverso per stabilire il tetto di aiuti in regime “de minimis”.

11 maggio 2012

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