 Il silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione – Peculiarità del ricorso
La tutela giurisdizionale contro il silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione - altresì detto silenzio-inadempimento - a fronte di una richiesta avanzata dal cittadino ha ad oggetto la mera inerzia della PA, non contestandosi, invece, la legittimità di un provvedimento amministrativo e la sua conseguente rimozione. Questa fattispecie è disciplinata dall’art. 117 del D.Lgs n. 104/2010 (cosiddetto Codice del processo amministrativo). La disposizione recita: “1. Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all’articolo 31, comma 2. 2. Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni. 3. Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata. 4. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario. 5. Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito. 6. Se l’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.” Il rito presenta caratteristiche peculiari rispetto a quello ordinario previsto per la trattazione delle normali controversie contro la Pubblica Amministrazione; risulta accelerato e concentra le tutele in un unico giudizio. Il ricorso va promosso contro il silenzio amministrativo che si forma ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 241/1990 da parte di chi vanti un interesse legittimo al provvedimento omesso, non dal titolare di un diritto soggettivo. Ne discende che l’interesse al ricorso va escluso nel caso in cui la richiesta alla Pubblica Amministrazione sia volta all’espletamento di un’attività materiale o all’emanazione di un provvedimento in autotutela. Il ricorso si introduce con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato entro un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento. Si ritiene che si possa ricorrere avverso il silenzio amministrativo una volta che lo stesso si sia formato e senza la necessità della previa diffida ad adempiere. Rispetto alla disciplina previgente, la norma ha introdotto la possibilità di proporre motivi aggiunti in seno al rito camerale avverso eventuali atti medio tempore adottati dall’amministrazione. Congiuntamente al ricorso avverso il silenzio-rifiuto la norma consente di proporre azione risarcitoria, che sarà trattata con il rito ordinario. La decisione è assunta dal giudice in forma semplificata, non come decreto o ordinanza, poiché il giudice non esprime una valutazione di merito della richiesta del cittadino. La sentenza, pertanto, conterrà solo un ordine a provvedere rivolto alla PA inadempiente, che resta libera di accogliere o meno la domanda, purché risponda nel termine previsto, normalmente non superiore a trenta giorni. Questo perché in questi casi l’amministrazione non ha ancora consumato il proprio potere decisorio, come avviene, al contrario, nei casi di silenzio-rigetto e di silenzio-assenso, nei quali, a differenza del silenzio rifiuto, la PA ha esercitato il proprio potere di decidere. Peraltro, l’art. 31 del Codice del processo amministrativo prevede espressamente che il giudice possa pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa solo qualora non residuino margini di discrezionalità amministrativa. Si ritiene, pertanto, che il termine generico “silenzio” dell’amministrazione, citato dalla norma quale requisito per l’ammissibilità della procedura, vada interpretato restrittivamente, rendendo applicabile la disciplina ai soli casi di silenzio-rifiuto. Al giudice è data facoltà di procedere con la sentenza alla nomina di un commissario ad acta che si sostituisca alla PA in caso di sua ulteriore inerzia, ma può nominarlo anche successivamente. Gli atti di costui, peraltro, non dovranno essere impugnati con ricorso ordinario di legittimità, poiché lo stesso giudice amministrativo è competente a decidere su tutte le questioni relative agli atti del commissario.
21 dicembre 2011
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News |
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1 aprile 2025 |
Con Decreto Legge 31 marzo 2025, n. 39 (Misure urgenti in materia di assicurazione dei rischi catastrofali) sono stati prorogati, per le PMI, i termini per la stipula delle polizze catastrofali previste dall’art. 1, comma 101 della legge 30 dicembre 2023, n. 213: al 1° ottobre 2025 per le imprese di medie dimensioni, al 31 dicembre 2025 per le piccole e microimprese. Per le grandi imprese resta fermo al 31 marzo 2025 l’obbligo di stipula delle polizze, ma è concessa una dilazione di 90 giorni (dunque al 30 giugno) per quanto riguarda le conseguenze sull’assegnazione delle agevolazioni stabilite dall’art. 1, comma 102 della legge citata, in caso di mancato adeguamento all’obbligo di cui sopra. |
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16 dicembre 2024 |
La Commissione ha adottato in data 10 dicembre il nuovo regolamento 2024/3118 che modifica il 1408/2013 relativo agli aiuti de minimis alle attività di produzione primaria in agricoltura. Le modifiche sono entrate in vigore oggi, 16 dicembre, dopo la pubblicazione dell'atto in Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 13 dicembre. Il massimale d'impresa è stato raddoppiato, passando da 25.000 a 50.000 euro per impresa autonoma o impresa unica nell'arco, non più di 3 esercizi finanziari, ma di 3 anni, analogamente a quanto già previsto dal regolamento de minimis generale 2023/2831. In conseguenza dell'aumento del massimale aziendale, sono stati aggiornati sia gli importi corrispondenti degli aiuti sotto forma di prestito e di garanzia, alle condizioni stabilite dall’art. 4 del regolamento 1408/2013, sia i caps nazionali che passano dall’1,5% al 2% della produzione agricola nazionale con riferimento al periodo 2012-2023: per l’Italia il massimale è di 1.375,67 milioni.
Il regolamento 1408 modificato si applicherà fino al 31 dicembre 2032. |
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20 giugno 2024 |
La Commissione europea ha recentemente reso pubblica la nuova proposta di modifica del regolamento n. 1408/2013 relativo agli aiuti de minimis alle imprese attive nel settore della produzione primaria in agricoltura. La proposta prevede un innalzamento del massimale individuale a 37.000 euro (da 25.000 che erano) e il conseguente aumento dei massimali nazionali e dell’ESL per i prestiti agevolati e le garanzie. Inoltre, al fine di allinearsi al regolamento 2023/2831, il periodo da prendere in considerazione per il rispetto dei massimali diventa mobile e per ogni nuova concessione si dovrà tener conto dell'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi nei tre anni precedenti e non più nei tre esercizi finanziari. E' stata altresì prevista la realizzazione sia di Registri nazionali da parte degli Stati membri (di cui l’Italia è già dotata - registro Sian), sia di un Registro centrale a livello dell'Unione che potrà essere utilizzato dagli Stati membri dal 1° gennaio 2026. Da ultimo è stata prorogata la validità del modificato 1408/13 dal 31/12/2027 al 31/12/2032. |
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18 dicembre 2023 |
Il 13 dicembre la Commissione ha adottato il regolamento n. 2023/2831 che sostituirà, a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2030, il regolamento n. 1407/2013. Il regolamento ricalca negli aspetti fondamentali quello precedente, ma contiene alcune novità degne di nota, tra le quali:
1) l'aumento del massimale a 300.000 euro su un triennio mobile che va calcolato dalla data di concessione a ritroso per tre anni; 2) l'estensione del campo di applicazione alla trasformazione e commercializzazione di prodotti ittici (ma non alla pesca e all'allevamento in acquacoltura); 3) l'eliminazione del regime particolare per il trasporto di merci in conto terzi; 4) un paio di modifiche alla disciplina degli aiuti de minimis in forma di garanzia.
Il regolamento è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 15 dicembre, serie L. |
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2 novembre 2023 |
Il 25 ottobre scorso è entrato in vigore il Regolamento (UE) 2023/2391 che ha modificato il regolamento 717/2014 e conseguentemente adeguato anche agli altri regolamenti de minimis. Oltre all’aumento del massimale aiuti Pesca (da 30 a 40.000 euro sul triennio), si è previsto d’ora in avanti di applicare agli aiuti per le attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura la disciplina de minimis generale (reg. 1407/2013) e non più quella speciale del settore pesca (reg. 717/2014). Ciò ha sanato un’asimmetria rispetto al settore agricolo nel quale le regole speciali dell’agricoltura si applicano alla sola attività di produzione primaria di prodotti agricoli, mentre trasformazione e commercializzazione ricadono da tempo sotto il regolamento 1407. Restano invece assoggettati al reg. 717/14 gli aiuti alla “produzione primaria di prodotti della pesca e dell’acquacoltura” cioè l’insieme delle operazioni relative alla pesca, all’allevamento o alla coltura di organismi acquatici nonché le attività di preparazione di un prodotto animale o vegetale alla prima vendita e la prima vendita a rivenditori o a imprese di trasformazione. |
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