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Aiuti de minimis e superamento del massimale

L’art. 2, 2° comma del Regolamento n. 1998/2006 stabilisce in 200.000 € (100.000 nel caso del trasporto su strada) l’importo massimo complessivo degli aiuti che possono essere concessi in regime “de minimis” ad un’impresa nell’arco di tre esercizi finanziari. Il secondo capoverso della stessa disposizione precisa poi che "qualora l’importo complessivo dell’aiuto concesso nel quadro di una misura d'aiuto superi il suddetto massimale, tale importo d’aiuto non può beneficiare dell’esenzione prevista dal presente regolamento, neppure per una parte che non superi detto massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non può essere invocato per questa misura d'aiuto né al momento della concessione dell’aiuto né in un momento successivo".
Tale precisazione è usualmente interpretata nel senso che, se come conseguenza di un aiuto, viene superato il tetto "de minimis”, l'intero aiuto che ha determinato tale superamento non è coperto dal Regolamento e non può dunque essere concesso (o deve essere revocato).
Sulla base di questa interpretazione, si sostiene, tra l’altro, che se l’aiuto richiesto, sommato a quelli già ottenuti nel triennio, comporta il superamento del massimale, l'amministrazione non avrebbe la possibilità di ridurne l'importo (al fine di rispettare il tetto massimo) e dovrebbe quindi non concedere l'aiuto. Questa interpretazione non è a nostro avviso condivisibile, in considerazione del fatto che, così come l’amministrazione può ridurre l’importo concesso rispetto a quello richiesto in caso, ad esempio, di inammissibilità di determinate spese o di riduzione dell'investimento, allo stesso modo può farlo qualora l'intero importo faccia superare il massimale.
Si è cercata una spiegazione alla disposizione in questione nella problematica legata alla "sanatoria" di eventuali aiuti illegali e incompatibili. Si ritiene, cioè, che la norma significhi che, in caso di dichiarazione da parte della Commissione dell’incompatibilità di determinati aiuti, questi possano essere “sanati” ricorrendo al “de minimis” solo se l'intero aiuto incompatibile può essere contenuto nel massimale; diversamente non può esserlo nemmeno per una sua parte.
Dopo un iniziale interesse interpretativo, il problema non è stato più dibattuto, anche per la mancanza di casi rilevanti. Stimolati da casi recenti, nei quali una corretta interpretazione della norma in questione era essenziale per determinare il comportamento dell’amministrazione, siamo tornati sull’argomento.
La precisazione contenuta al secondo capoverso dell’art. 2, 2° comma del Regolamento ha una motivazione diversa da quelle sopra ipotizzate e ad essa deve essere data, a nostro avviso, un’altra interpretazione. Il testo infatti si riferisce ad un singolo aiuto (l’importo complessivo dell’aiuto concesso nel quadro di una misura d'aiuto) e dispone che quando l'importo di quella singola misura di aiuto (non l'importo complessivo degli aiuti in regime "de minimis" concessi allo stesso beneficiario) supera la soglia, non può beneficiare dell'esenzione nemmeno per la parte che sarebbe compresa in essa. Ciò, naturalmente, a prescindere dal rispetto della soglia stessa, che deve tener conto di tutti gli aiuti concessi nel triennio.
Si tratta, in sostanza, di due problemi diversi: uno relativo al rispetto del plafond triennale; l'altro all'impossibilità di frazionare l'aiuto in più annualità, per farlo rientrare nel plafond, attribuendolo ad annualità diverse.
A sostegno di questa interpretazione milita l'ultima frase del 9° considerando del Regolamento, laddove si afferma che "le misure d'aiuto superiori alla soglia «de minimis» non dovrebbero poter essere suddivise in varie parti più piccole allo scopo di farle rientrare nel campo d’applicazione del presente regolamento". Lo stesso preambolo ricorda inoltre (10° considerando) che, come è per tutti gli aiuti di Stato, "gli aiuti «de minimis» dovrebbero essere considerati concessi nel momento in cui all'impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti".
Significativa al riguardo è la perfetta corrispondenza tra preambolo e dispositivo del Regolamento. L'8° considerando (massimale) corrisponde alla prima parte del 2° comma (primo capoverso) dell'art. 2; il 9° considerando prende in considerazione, in successione, il triennio di riferimento, il caso del cofinanziamento con fondi comunitari, il "divieto di frazionamento" e il principio dell'attualizzazione dell'intero aiuto al momento della concessione; aspetti che sono disciplinati, nell'ordine, dall'art. 2, 2° comma, 1° capoverso (triennio e cofinanziamento), 2° capoverso (divieto di frazionamento) e 3° capoverso (attualizzazione).
La disposizione in questione significa dunque che non si può eludere la soglia "de minimis" concedendo un aiuto erogabile in più annualità ed imputando l'aiuto stesso via via che viene erogato: l'aiuto può anche essere erogato in tempi lunghi (o riferirsi ad attività o spese che saranno effettuate in più annualità), ma la sua quantificazione deve essere effettuata al momento della concessione ed a quel momento (annualità) deve essere imputato per intero.
In sostanza, un singolo aiuto che superi la soglia massima (200.000 o 100.000 €) non può essere concesso in "de minimis", nemmeno se si riferisce a più di tre annualità: esso sarebbe interamente escluso dall'esenzione. Si pensi, per fare un esempio, ad un aiuto che comporti la copertura di canoni di locazione (o di rate di mutui, o di leasing) per 10 anni, per importi che, rapportati ad un triennio, siano sempre contenuti nel plafond: un canone annuo di 60.000 € comporterebbe un beneficio effettivo di 180.000 € per ciascun triennio di riferimento – compatibile in sé con il tetto di 200.000 € – ma l’importo globale dell'aiuto concesso sarebbe di 600.000 €. Ai sensi della norma in questione, questo aiuto non potrebbe essere esentato nemmeno per l'importo contenuto nei 200.000 €. Se invece la soglia viene superata sommando tutti gli aiuti "de minimis" concessi allo stesso beneficiario in tre esercizi finanziari, sarebbe sempre "salvabile" l'importo del nuovo aiuto che resti contenuto (sommato agli altri) nel plafond triennale (mentre resterebbe esclusa l'eccedenza).
Usando una terminologia che sintetizza il problema, la disposizione in oggetto può essere definita “divieto di frazionamento” dell’aiuto, al fine di farlo rientrare nel massimale stabilito dalla norma.

14 febbraio 2011

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