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L'applicazione della cosiddetta clausola Deggendorf

La cosiddetta ”clausola Deggendorf”, che vieta l’erogazione di aiuti di Stato ad imprese che debbano restituire precedenti aiuti giudicati illegali ed incompatibili dalla Commissione, è ormai contenuta nella maggior parte dei regimi di aiuto adottati dalle diverse amministrazioni. Ciò in quanto previsto dal Regolamento generale di esenzione per categoria n. 800/2008 e posto come condizione in tutte le recenti decisioni di autorizzazione della Commissione.
Orbene, tale clausola è sovente espressa ed applicata in modo non corretto, con conseguenti oneri inutili per l’amministrazione e svantaggi per le imprese. Un errore non più frequente, dovuto alla cattiva abitudine di formulare i bandi col metodo del “copia-incolla”, è quello di riferire la clausola ai soli quattro regimi citati nell’art. 1, comma 1223 della legge n. 296/2006, che chiudeva un annoso contenzioso con la Commissione. Il vincolo deve invece essere esteso, oggi, a tutti i regimi per i quali la Commissione abbia imposto il recupero.
Un secondo errore, che alcune amministrazioni stanno via via correggendo, ma ancora largamente diffuso, consiste nel subordinare l’aiuto al fatto che l’impresa beneficiaria non abbia in precedenza beneficiato di aiuti in base ad un regime giudicato illegale e incompatibile dalla Commissione. La formula usualmente utilizzata prevede che l’amministrazione verifichi “che le imprese beneficiarie non rientrano fra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto corrente bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione europea …”. Si aggiunge solitamente che “tale verifica è effettuata anche sulla base di dichiarazioni degli interessati”.
Ora, le imprese vengono a conoscenza dell’obbligo di restituzione non quando gli aiuti vengono dichiarati illegali e incompatibili dalla Commissione, ma solo quando viene loro notificata un’ingiunzione di recupero. E ciò non solo per una difficoltà oggettiva delle imprese ad essere informate sulle vicende di un regime (i cui aiuti risalgono solitamente a molti anni prima) la cui compatibilità sia stata contestata dalla Commissione (decisione, eventuale contenzioso successivo, ecc.), ma soprattutto perché una decisione che dichiara un regime di aiuto illegale e incompatibile può essere articolata: prevedere, cioè, l’incompatibilità in certi casi e la compatibilità in altri (come è stato per i contratti di formazione e lavoro), o fare salvo il ricorso al “de minimis”, a sanatoria, o escludere dal recupero gli aiuti concessi a determinati soggetti (perché svolgono attività di “prossimità”, o non in concorrenza internazionale, o perché sono qualificabili “Organismi di ricerca”, ecc.).
In questi casi le imprese hanno certezza di dover restituire gli aiuti ottenuti solo nel momento in cui viene loro notificata appunto l’ingiunzione di recupero dal soggetto che ha concesso l’aiuto. Non è dunque corretto chiedere alle imprese di dichiarare che non sono tra coloro che hanno ricevuto aiuti dichiarati illegali e incompatibili dalla Commissione, ma – come dispone lo stesso Regolamento n. 800/2008, all’art.1, 6° comma – che esse non sono “destinatarie di un ordine di recupero pendente a seguito di una precedente decisione della Commissione che dichiara un aiuto illegale e incompatibile”: questo le imprese sono in grado di dichiarare, con tutte le conseguenze di cui al DPR 28 dicembre 2000, n.445. E, d’altra parte, il 16° considerando del Regolamento suddetto precisa che “tale disposizione non deve pregiudicare il legittimo affidamento dei beneficiari di regimi di aiuti che non sono destinatari di un ordine di recupero” (ancorché il regime sia stato dichiarato illegale e incompatibile).
Il terzo errore, riscontrato in quasi tutti i regimi, consiste nel fatto che la clausola Deggendorf viene inserita tra le condizioni di ammissibilità, nel senso che viene subordinata la concessione di un’agevolazione o appunto l’ammissibilità della domanda, al fatto che l’impresa richiedente non sia inadempiente rispetto agli obblighi “Deggendorf”. Ora, come è chiaramente espresso all’art. 1, par. 6, a) del Regolamento 800 citato, in caso di pendenza di un ordine di recupero deve essere escluso il pagamento di un ulteriore aiuto, non la concessione, che dunque rimarrà, nel caso, sospesa.
D’altra parte, tale previsione deriva appunto dalla Sentenza della Corte nel caso Deggendorf, in cui si statuisce: “La Commissione pertanto non abusa del potere discrezionale di cui essa dispone quando, chiamata a pronunciarsi sul progetto di aiuto che uno Stato membro intende concedere ad un’impresa, adotta una decisione la quale, nell’autorizzare detto aiuto, ne sospende però il versamento sinché l’impresa non abbia restituito un precedente aiuto illegittimo …”.
Rileviamo infine che la clausola in questione viene spesso applicata anche ai regimi che prevedono la concessione di agevolazioni in regime “de minimis”. Facciamo notare che, ai sensi della giurisprudenza della Corte appena citata, è facoltà della Commissione (“la commissione non abusa del suo potere discrezionale”) imporre la clausola sospensiva. La sua utilizzazione da parte di un’amministrazione sarà dunque giustificata quando un regime sia legittimato – sotto il profilo della compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato – da una decisione di autorizzazione o da un Regolamento di esenzione che contenga esplicitamente quella condizione. Ora, il Regolamento n. 1998/2006 – come del resto tutti gli altri Regolamenti di esenzione, ad eccezione del regolamento n. 800/2008 – non stabilisce alcuna condizione di questo genere: di conseguenza, l’apposizione di una clausola Deggendorf limitante l’erogazione di aiuti in regime “de minimis” risulta a nostro avviso arbitraria.

15 maggio 2011

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